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Sergio
Dompé
Farmaci da biotecnologia
Ritratto ed intervista esclusiva
E' dal 1998 il presidente di Assobiotec, l'associazione
nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie. Il periodo della sua presidenza
coincide con l'esplosione mediatica dei temi correlati alla biotecnologia,soprattutto
agroalimentare. L'impegno "politico" associativo più rilevante è quello
di spiegare al Paese il valore delle applicazioni delle conoscenze
sviluppate dalla biologia cellulare e molecolare che vanno sotto
il nome di biotecnologia.
Entrato nel 1976 a far parte della società del padre,
Dompé Farmaceutici, dopo esserne divenuto dapprima Direttore
Generale nel 1983, e poi Consigliere Delegato nel 1985, nel 1988,
Sergio Dompé, intuendo la portata delle applicazioni della
biotecnologia in campo farmaceutico e valutando il ritardo nello
sviluppo di farmaci sulla base delle nuove tecniche biotecnologiche
in Italia, fonda a Milano la Dompé Biotec, per commercializzare
farmaci sviluppati negli Stati Uniti.
Stabilisce da subito una solida partnership con i più importanti
nomi dell'industria bio-farmaceutica USA come la Genentech, la
prima società d'oltre oceano di quel tipo ad essere stata
quotata in borsa, e la Amgen, la più importante industria
biotecnologica del mondo per capitalizzazione di borsa. La Amgen
arriverà ad avere una partecipazione minoritaria nella Dompé Biotec,
sua prima partnership europea in assoluto.
Questa esperienza gli permetterà di tessere una rete significativa
di alleanze e accordi internazionali che lo porteranno a costituire
nel 1993 la Dompé S.p.A. con sede a L'Aquila, uno dei primi
centri di ricerca e produzione farmaceutica e biotecnologica in
Europa, in grado di sviluppare un prodotto dalla progettazione
della molecola allo stadio di sperimentazione clinica nel paziente
(fase II) in accordo con gli standard qualitativi internazionali.
Con il Centro di ricerche e produzione de L'Aquila, la Dompé viene
così ad avere un sito produttivo in grado di soddisfare
gli standard richiesti dalla Food and Drug Administration (FDA),
l'ente americano la cui "validazione" è un fondamentale
requisito per accedere al mercato internazionale.
I settori in cui è attivo il Centro sono quelli, tradizionali
per la Dompé Farmaceutici, delle patologie dell'apparato
respiratorio e del muscolo-scheletrico, cui si affianca quello
della realizzazione di farmaci attraverso biosintesi (biotecnologia).
Coerentemente con quel che avviene nel panorama biotecnologico
internazionale, in cui le attività di ricerca si svolgono
spesso in collaborazione tra più centri di ricerca dislocati
anche in continenti diversi, e in cui si stringono collaborazioni
non più basate sullo spostamento fisico dei ricercatori
ma sulla comunicazione integrata, nel 1997 viene fondata nel Principato
di Monaco la Dompé International con il compito di internazionalizzare
le attività della Dompé attraverso l'intensificazione
del licensing di nuovi prodotti e dell'interscambio tecnologico
con altre imprese.
Dello stesso anno è l'accordo con Biogen, altra società USA
leader nella biotecnologia applicata al farmaceutico. Con questa
società, Dompé Biotec fonda in Svizzera, proprio
nella terra per antonomasia del farmaceutico tradizionale, la Dompé-Biogen
AG, ancora una volta finalizzata alla realizzazione e commercializzazione
in partnership di farmaci biotecnologici.
Sergio Dompé è nato a Milano il 14 ottobre 1955,
dove ha svolto studi scientifici e ha frequentato la Facoltà di
Economia e Commercio dell'Università Cattolica.
Parallelamente alla sua attività industriale, iniziata,
come indicato sopra, nel 1976, entrando nell'azienda del padre,dal
1986 al 1994 è stato Vice Presidente di Farmindustria, l'associazione
confindustriale di categoria del settore farmaceutico, di cui è tuttora
Membro della Giunta, e Delegato Regionale per la Lombardia.
Nel 1996 l'Università di Bologna gli ha conferito la Laurea
Honoris Causa in Biotecnologia.
Nell'ambito di Farmindustria dal 1996 al luglio 1999 è stato
Presidente del Gruppo Biotecnologie. Dal 1994 al 1998 è stato
Vice Presidente di Assobiotec, nel 1998 ne è stato nominato
Presidente, carica che ricopre a tutt'oggi. Da pochi mesi è anche
Vice Presidente di EuropaBio, l'associazione europea per lo sviluppo
delle biotecnologie.
Costituita nel 1986 nell'ambito di Federchimica (Confindustria),
Assobiotec è l'Associazione nazionale per lo sviluppo delle
biotecnologie, e rappresenta le imprese attive in questo settore
che operano in Italia.
Ad Assobiotec è affidato il compito di tutelare gli interessi
delle imprese associate e, più in generale, del settore
e di rappresentarle sia a livello nazionale che internazionale,
interagendo e collaborando con altre organizzazioni imprenditoriali,
istituti scientifici e interlocutori istituzionali.
Tra le aree di intervento dell'Associazione, hanno una rilevanza
particolare quelle relative alla regolamentazione delle attività biotecnologiche
- produzione, commercializzazione e utilizzo dei prodotti - e alla
definizione delle politiche finanziarie e fiscali idonee a favorire
l'innovazione. Assobiotec è inoltre attiva nello sviluppo
di programmi di ricerca di interesse strategico, nella formazione
e nel training a favore degli associati.
Nel 1996 è stata tra i fondatori di EuropaBio, organismo
del quale fanno parte le associazioni degli industriali biotecnologici
europei.
La storia industriale della famiglia Dompé ha inizio ai
primi del novecento con Gian Antonio Dompé che partendo
da una farmacia in Piazza della Scala a Milano, frequentata da
Verdi, Leoncavallo, Puccini, fonda in Italia, Svizzera e Inghilterra
la catena delle "Farmacie Italo-Inglesi Dompé".
Le farmacie italo-inglesi si chiamavano così perché il
loro fondatore aveva come obiettivo l'eccellenza rappresentata
allora dalle preparazioni galeniche di scuola anglosassone.
Nel 1940 suo figlio Franco Dompé, da poco laureato a Pavia,
non condividendo la strategia industriale del padre Gian Antonio,
fonda una sua azienda, che è poi la Dompé Farmaceutici
di oggi, con sede in via San Martino, nel cuore di Milano, dove
tuttora si trova.
L'azienda sopravvive alla guerra e nella successiva fase di ricostruzione
gode di un notevole successo. La sua fortuna è legata ad
una oculata scelta strategica. Nel dopoguerra,in Italia, la mancanza
di tutela brevettuale del farmaco orienta molte vecchie e nuove
farmaceutiche verso la facile via della copia di farmaci di successo.
L'azienda di via San Martino, investendo nella ricerca e sviluppo
di nuovi farmaci, si costituisce invece una solida base che le
consentirà di non risentire della fine del regime di assenza
di tutela brevettuale dei farmaci che invece metterà alla
corda tante "produzioni minori".
I settori di attività in cui la Dompé degli anni
cinquanta costruisce il successo sono sostanzialmente tre: il campo
muscolo-scheletrico, il campo respiratorio - nei quali è tutt'ora
presente - e il settore degli antiulcera.
Gli anni cinquanta sono anche gli anni in cui le pubblicità per
i medici dei prodotti Dompé si rinnovano, raggiungendo rilevanti
livelli creativi per l'epoca sotto la mano artistica dell'architetto
Franco Grignani e del fotografo Tino Petrelli, in sintonia con
il connubio tra artisti, intellettuali e industriali inaugurato
in quel decennio fortunato da Adriano Olivetti.
Ed è ispirandosi a questa "tradizione di famiglia",
che, quando nel 1993 viene realizzato il Centro ricerche e produzione
de L'Aquila, ne affida sì la realizzazione degli impianti
alla società specializzata in impianti industriali di questo
tipo Foster Wheeler, ma affida il progetto dell'insediamento allo
studio milanese di architettura Banfi, Belgioioso, Peressutti,
Rogers la cui sigla BBPR costituisce una firma di prestigio nel
panorama dell'architettura italiana.
Biotecnologia: come cambieranno le nostre abitudini
secondo Sergio Dompé.
Intervista realizzata a Milano i primi di marzo del 2001
Biotecnologia.it - I prodotti e le possibilità che ogni
nuova tecnologia mette a disposizione dell'uomo, lentamente,
con costanti spostamenti quasi impercettibili, ne modificano
le abitudini quotidiane. Questo è il fenomeno per cui
anche solo a distanza di pochi decenni le generazioni, le mode
e i costumi sembrano essere così differenti.
Le chiedo di immaginare per noi quali nuove abitudini, frutto
diretto o indiretto della biotecnologia, quasi impercettibilmente
andremo ad apprendere nei prossimi anni, come ridisegneranno
il nostro quotidiano modo di "essere uomini", e con
quali nuovi problemi ci confronteremo in seguito a queste nuove
abitudini.
Dompé - In linea di principio, l'impiego delle moderne
tecnologie biologiche permette di ipotizzare l'attuazione di applicazioni
utili in tutti i settori di produzione di beni e servizi che implichino
l'impiego di o l'intervento su materiale biologico. Le biotecnologie
attuali, infatti, sono strumenti nati e continuamente forgiati
dall'acquisizione delle conoscenze - in atto ormai da almeno due
decenni, ed in progressiva rapida accelerazione - in ordine alla
biologia molecolare, alla genetica ed alla fisiologia degli organismi
viventi.
Tali applicazioni includono l'ottenimento di:
- nuovi prodotti, ad esempio beni a più alto valore aggiunto
o con maggiori rese in ambito farmaceutico, agroalimentare, industriale
ed energetico;
- nuovi servizi - di prevenzione, diagnosi, terapia e risanamento
- per la cura della salute dei viventi (umani, animali e vegetali)
e della biosfera in generale (quindi dell'ambiente);
- nuovi processi produttivi nei cicli industriali di manifattura
di beni tradizionali, caratterizzati da una maggiore sostenibilità in
termini di consumo di risorse (materie prime, energia) e di produzione
e smaltimento di effluenti e scarti.
Dove e quanto di questo potenziale produttivo verrà realizzato,
e con quale velocità, dipende principalmente dalla crescita
scientifica e culturale dei Paesi che si impegnano sulla frontiera
avanzata dell'innovazione, nonché dall'atteggiamento delle
politiche nazionali ed internazionali nel promuovere o rallentare
il progresso applicativo delle tecniche di biologia cellulare/molecolare
e dei metodi di intervento sul DNA (microbico, animale o vegetale
che sia). Inoltre, la crescita scientifica, culturale e politica
dovrà essere accompagnata da una diffusa fiducia sociale
sulla capacità di tenere sotto controllo la potenza metodologica
di queste nuove tecnologie, nonché da una solida assunzione
di responsabilità etica da parte degli operatori.
Non sono perciò unicamente le motivazioni e gli impegni
degli scienziati e delle imprese, vale a dire la mera fattibilità di
determinate applicazioni, che determineranno la rapidità di
penetrazione dei prodotti e dei servizi resi possibili dalle nuove
tecnologie biologiche. Avranno peso fondamentale le motivazioni
e le culture delle società cui tali prodotti e servizi dovrebbero
essere destinati: in questo contesto, l'Europa appare più conservatrice
di altre aree del mondo (occidentale e non), più legata
alle tradizioni e meno disponibile all'innovazione.
Ovviamente, in una economia globalizzata, le acquisizioni positive
delle biotecnologie si diffonderanno in modo sostanzialmente omogeneo
nelle società di equivalente livello, ma i tempi di affermazione
e di diffusione possono essere molto variabili.
Nell'arco dei prossimi 10 anni, a livello mondiale:
- saranno sicuramente disponibili alcune centinaia di nuovi farmaci
ottenuti grazie a strumenti biotecnologici;
- le superfici coltivate a piante geneticamente raggiungeranno
sicuramente l'ordine di grandezza delle centinaia di milioni di
ettari (erano già almeno 44 milioni di ettari nel 2000).
In particolare, e per citare solo alcuni esempi particolarmente
significativi per l'Italia in quanto frutto anche della "nostra" eccellenza
nella ricerca biotecnologica, entro l'orizzone indicato saranno
pienamente disponibili:
- nuovi vaccini contro malattie gravi quali la meninigite batterica
(in sviluppo presso la Chiron di Siena) e l'HIV (in cui è in
prima linea l'Istituto Superiore di Sanità);
- nuovi approcci bioterapeutici (eg. immunoterapia, medicina molecolare,
terapia genica) alla cura dei tumori, in cui vantiamo sicuri centri
di eccellenza sia nella ricerca sia nella pratica clinica quali
l'Istituto Europeo di Oncologia, gli Istituti Nazionali per lo
Studio e la Cura dei Tumori di Milano e Genova, nonché il
S. Raffaele;
- applicazioni importanti della medicina rigenerativa quali la
rigenerazione e ricrescita in situ di particolari tessuti, ad esempio
le ossa (quest'ultima è stata recentissimamente ottenuta
e sperimentata con successo su alcuni pazienti dal prof. Cancedda
del Centro Biotecnologie Avanzate di Genova, a partire da cellule
staminali differenziate in vitro e poi indotte ad una crescita
e consolidamento guidati nell'organismo del paziente);
- varietà di specie orticole - pomodori, melanzane, zucchine
- importanti per il nostro patrimonio agroalimentare, rese resistenti
a virosi che oggi ne minacciano qualità ed entità dei
raccolti (se non l'esistenza stessa in alcune zone), sviluppate
grazie all'attività di ricerca svolta tra l'altro dai nostri
Istituti Sperimentali per l'Orticoltura.
Come poi l'Italia sarà davvero protagonista o partecipe
di queste novità è impossibile dire con certezza,
tuttavia - in ogni caso - non "sarà ridisegnato il
nostro quotidiano di essere uomini" nell'arco di una decade,
così come la procreazione assistita non ha trasfigurato
in alcun modo il "mestiere" di genitore.
In quanto alla previsione dei problemi che dovremo affrontare,
si può trarre un facile parallelo con le tecnologie dell'informazione
(TI), osservando come lo sviluppo delle moderne biotecnologie sia
oggi allo stato di infanzia in cui le TI si trovavano alla fine
degli anni '70. I "problemi" posti oggi dai computer
in Rete (a cominciare dai virus!) o dalla telefonia cellulare non
solo erano imprevedibili trent'anni fa, ma non esiste traccia nella
letteratura del tempo di una ragionevole previsione della loro
stessa esistenza ed affermazione negli anni '90. In un contesto
temporale di questa portata, non saranno apprezzabili le differenze
indotte dalle biotecnologie nel brevissimo - 3-5 anni - e nel breve
- 5-10 anni - periodo, sia per quanto concerne le "abitudini" sia
per quanto attiene ai "problemi".
In conclusione, i settori merceologici collegabili alla biologia
sono troppo differenziati, ed i metodi produttivi troppo peculiari,
per fare prevedere una innovazione "di tecnologia" che
abbia un impatto unitariamente e simultaneamente pervasivo in tutti
i possibili settori applicativi.
Ritengo che si procederà attraverso prudenti innovazioni "di
prodotto", che avanzeranno necessariamente per gradi e con
una precedenza temporale dei settori dove:
- è più alta la domanda del mercato (perciò nel
breve termine è purtroppo fatale che prevalgano i "desideri" di
chi può spendere a fronte dei "bisogni" di chi
non può);
- è più forte l'impegno di Ricerca & Sviluppo
(che non è affatto gratuita, ed oggi ottiene risorse prevalentemente
per gli obiettivi in grado di assicurare un ritorno economico secondo
i parametri tradizionali);
- sono maggiormente controllabili i possibili o paventati effetti
negativi, com'è destino di tutti gli strumenti fortemente
innovativi e poco familiari.
In questo contesto, è possibile osservare che nell'Unione
Europea, mentre la catena produttiva collegata alla scienza medica
- corta ed integrata, dalla Ricerca & Sviluppo farmaceutica
all'applicazione ospedaliera - è sostanzialmente solidale
nell'obiettivo di trarre benefici dallo Human Genome Project e
dalle moderne tecnologie biologiche da esso derivate, la catena
produttiva agro-alimentare - molto più lunga e ramificata
- mostra un sostanziale scollamento tra quelli che producono la
tecnologia e coloro che dovrebbero utilizzarla e trarne beneficio.
Questa differenza, unita alla diversa "desiderabilità" dei
due diversi tipi di offerta attuale ai consumatori di una società sazia
di cibo ed affamata di wellness, porta sicuramente conseguenze
sulla diversa dinamica dell'innovazione nei due principali ambiti
di applicazione delle biotecnologie, ma esso sembra dipendere più da
fattori socio-economici e di comunicazione che da inestricabili
problemi di sostanza.
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